Auteurs : 1.Danilo De Marco, 2. Dino Frisullo, 3. Hevi Dilara, 4. Kendal Nezan
Collectif
Circolo Culturale Menocchio
2001, Udine
Kurdistan: Un genocidio postmodern
Viaggio in due tendopoli ci rifugiati kurdi
di Danilo De Marco
Assieme a Fadime, preziosa compagna di viaggio, mi trovo nella sede del Goc-Der, l'organizzazione guidata da Mahmut Ozgur che cerca di aiutare le famiglie costrette alla migrazione interna. Stiamo aspettando la persona che ci porterà in una delle numerosissime tendopoli sparse per la Turchia occidentale.
Zahir è un giovane di 25 anni. Ne ha già passati quattro in prigione. Le sue colpe.., essere kurdo. Durante tutto il viaggio, che dura circa cinque ore, Zahir quasi non parla; ci racconta solo che è malato. Ci fa capire che non si fida. Dopo avremo tempo, dice.
Siamo diretti verso la parte più occidentale della Turchia, nella provincia di Edirne, a pochi chilometri dalla Grecia. Arriviamo a Kesan appena in tempo per prendere l'ultimo piccolo autobus che ci porterà in un luogo ancora a noi sconosciuto. Zahir ha il timore che qualcuno dei passeggeri denunci alla polizia il nostro arrivo.
Dopo quasi un'ora, al termine di una curva che sembrava non finire mai, in un avvallamento dove ancora sono visibili le tracce dell'ultima nevicata ed al cui centro spicca una fontana campestre, ecco le tende. Il piccolo bus si ferma e scendiamo. Un balzo per scavalcare un ruscelletto semighiacciato e ci troviamo dall'altro lato con le scarpe semicoperte dal fango. È il 13 marzo, siamo a pochi chilometri dal mare, ma il freddo è ancora pungente. Avviandoci alle tende ci rendianio conto che chiamarle così è un eufemismo. Pezzi di plastica, sacchi per il trasporto di generi vari tagliati o bruciacchiati in vari punti, tracce di fuliggine condensata gocciolante dai tubi di stufa arrugginiti che fuoriescono dalle tende, come denti da tempo cariati.